Prof. Marino Maglietta, membro del gruppo di lavoro Linee guida Tribunale di Brindisi: il modello di bigenitorialità secondo le associazioni
Cambiano i toni e si ammette un'ampia disapplicazione della legge
54/2006, ma i suggerimenti sono sempre nel solco di una sostanziale
monogenitorialità
di Marino Maglietta
Il "Documento affido definitivo"
reso noto in data 31 luglio da AIAF (Associazione Italiana Avvocati Famiglia e
minori) e ONDIF (Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia), in vista di
nuovi provvedimenti legislativi sull'affidamento dei figli, presenta alcuni
aspetti sicuramente apprezzabili.
Anzitutto si segnala in positivo l'attenzione con la
quale queste organizzazioni seguono la materia e la prontezza con la quale
intervengono, utilizzando una sorta di filo diretto con le istituzioni. In
effetti solo il 5 agosto 2018 è stato pubblicato il
ddl 735, intitolato "Norme in materia di affido
condiviso, mantenimento diretto e
garanzia di bigenitorialità". Non prima, perché su quel disegno
di legge si è arrivati all'accordo tra i firmatari molto faticosamente, tanto
che è stato sottoscritto
solo mercoledì primo agosto. Tuttavia, nello stesso giorno i due gruppi vengono
ricevuti sia dal Ministro della Giustizia che dal primo firmatario del ddl; e
il comunicato era stato addirittura
redatto prima.
Inoltre, rammentando la virulenza di precedenti note
(come il commento Aiaf alle Linee-guida di Brindisi del 2017), fa piacere
osservare nel Documento una molto maggiore pacatezza di toni (in questo
articolo è trattata solo la parte relativa all'affidamento: le considerazioni
su altri aspetti sono prevalentemente condivisibili). Ad es., nel bocciare la
pariteticità della frequentazione non è stato utilizzato
l'abituale sprezzante paragone del bambino con il "pacco postale";
forse perché ci si è accorti che viaggia molto di più con il tradizionale
modello dei w-e alternati più pomeriggi che frequentando i genitori una
settimana per uno. E neppure si è protestato contro "la potente lobby dei
padri separati"; forse perché ci si è accorti che le richieste prescindono
dal genere e che comunque le associazioni di padri separati sono del tutto
inermi. Ma forse - e questo sembra molto più probabile - l'aggressività si è
ridimensionata perché si ha a che fare con un impegno preso dal Governo e
inserito esplicitamente nel noto Contratto.
Viceversa, per quanto riguarda gli argomenti, le
novità sono solo di facciata, anche se ciò qualcosa vuol dire. Si riconosce, in
effetti, che l'art. 388 c.p. è virtualmente ignorato e che il "genitore
collocatario" è figura inesistente ("di creazione
giurisprudenziale"); ma ciò che si intende fare è soltanto "una
modifica del linguaggio". Nulla di sostanziale, ma solo lo stesso
maquillage nominalistico che ha accompagnato l'applicazione della legge
54/2006, quando la giurisprudenza decise di chiamare "collocatario"
il genitore "affidatario". Lo dimostra la descrizione del cambiamento
proposto: "privilegiando, invece, il concetto dei tempi di rispettiva
competenza, da individuarsi caso per caso". Espressione nella quale non è
dato vedere alcuna differenza concreta rispetto alla prassi attuale: caso per
caso il giudice individua il genitore prevalente e stabilisce i tempi di
competenza dell'altro.
Quanto al ddl proposto, Aiaf e Ondif criticano,
giustamente, che si applichino "soluzioni standard uguali per tutti"
e in particolare "l'introduzione per legge di tempi paritari o comunque la
previsione di rigide proporzioni nei tempi di permanenza dei figli presso
ciascuno dei genitori", evidentemente riferendosi ai 12 giorni al mese del
ddl 735. Uno schema che anche chi scrive contesta, ma che è totalmente diverso
dal modello della parità e delle pari opportunità già presente in molte
proposte di legge delle passate legislature (ad es., ddl 957 Legisl. XVI) e
realizzato con le Linee-guida di Brindisi, che pure le associazioni di avvocati
avversano: e in questo caso senza motivo. Il modello Brindisi (usiamo questo
termine per facilità di comprensione) stabilisce che il figlio, affidato
pariteticamente a entrambi i genitori, debba potersi relazionare con essi in
funzione dei suoi bisogni, senza vincoli discendenti dal provvedimento del
giudice. Quindi flessibilmente, a seconda delle episodiche situazioni (una
relazione scolastica da preparare, un'attività sportiva da praticare ecc.),
modalità possibile solo se il rapporto di base con i
genitori è identico, senza "prevalenze". Una struttura di base
paritaria tra i genitori è la condizione per la flessibilità e le pari
opportunità a vantaggio del figlio. Il modello Aiaf/Ondif, viceversa, prevede
sì che ci sia una valutazione iniziale caso per caso, ma che una volta
confezionato l'abito questo debba essere rigidamente indossato fino a nuova
sentenza, a prescindere dalle situazioni, dal loro presentarsi e dal loro
evolvere. Quindi l'accusa di "rigidità" non solo non è pertinente, ma
caso mai dovrebbe mutarsi in autocritica.
Cos'è, dunque, che influenza davvero il
benessere del figlio?
In primis la propensione ad investire su di lui, la
generosità di ciascuno dei genitori. Senza contare le scelte di stile di vita.
Si può anche nuotare nell'oro ma tenere basso il tenore di vita dei figli
perché lo si ritiene diseducativo. A parte il fatto che tecnicamente mescolare
le risorse destinate al genitore con quelle destinate ai figli significa
ignorare le differenze e le possibili variazioni di status del primo: il che
non è giuridicamente lecito.
Infine, per concludere su questo aspetto, sostenere
la necessità di un trasferimento economico a vantaggio del "coniuge
debole" significa all'atto pratico imporre la corresponsione di un assegno
a vantaggio del collocatario (mai visto il viceversa in 12 anni) per unificare
i livelli quando il livello inferiore è tipicamente vissuto dal genitore che lo
eroga, non da quello che lo riceve. E' lui che dorme in macchina e mangia alla
mensa popolare; a quel che si dice. O no?
Il Documento, inoltre, si sofferma sulla mediazione
familiare, prendendone, come d'abitudine, le distanze. Chi segue le cronache
parlamentari sa perfettamente che gli innumerevoli tentativi di disciplinare
formazione e profilo professionale dei mediatori si è sistematicamente arenato
per la ferrea opposizione dell'avvocatura. Le associazioni di avvocati, però,
ci dicono che la mediazione è strumento non affidabile perché dei mediatori non
è definita né la formazione né il profilo professionale... In aggiunta alla
loro preoccupazione che le famiglie debbano spendere troppo denaro per cercare
l'accordo per la via della mediazione, anziché tentare di vincere attraverso la
lite.
In definitiva, è probabile che i giudizi che il
Documento esprime sul ddl 735 siano meno critici del solito essenzialmente
perché questo non proviene dall'utenza, ma dall'interno del sistema legale,
abituato a splendide enunciazioni di principio che restano poi tutta teoria:
come nel dichiarare a gran voce la priorità dell'interesse del minore e poi
violare i suoi diritti indisponibili. Circostanza che spiega, con tutta
probabilità, anche perché il ddl si collochi, nella migliore ipotesi, a metà
strada tra la legge 54/2006 e la relativa prassi attuativa. Arretra e cede sui
principi in cambio di una promessa di vantaggi applicativi, di dubbia
affidabilità, come è mostrato altrove. Ne vale la pena?
MF
FONTE ARTICOLO: https://www.studiocataldi.it/articoli/31511-il-modello-di-bigenitorialita-secondo-le-associazioni.asp
DATA PUBBLICAZIONE: 13 AGOSTO 2018


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