Marino Maglietta, componente gruppo di lavoro Linee guida Tribunale di Brindisi, sull'Editoriale Guida al Diritto Numero 37, Bigenitorialità, la prassi va corretta con leggi più efficaci
Modelli di affidamento condiviso a confronto nell’imminente riscrittura delle
norme. Marino Maglietta, presidente dell’Associazione Crescere Insieme,
nell’editoriale di questa settimana fa questa operazione, descrivendo e
analizzando le proposte e i punti di vista di modifica, sensibilmente
diversi ma allo stesso tempo interessanti, perché puntano a disciplinare l’assetto
della famiglia separata dopo i vani tentativi delle passate legislature
Sembra proprio che le regole che disciplinano l’assetto della famiglia separata siano arrivate ad una svolta e stiano davvero per cambiare, dopo i vani tentativi delle passate legislature. Il motivo è da cercare in un punto del Contratto di Governo, laddove si legge “Nell’ambito di una rivisitazione dell’istituto dell’affidamento condiviso dei figli, l’interesse materiale e morale del figlio minorenne non può essere perseguito se non si realizza un autentico equilibrio tra entrambe le figure genitoriali, nel rapporto con la prole. Pertanto sarà necessario assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento”. Un impegno che ha portato alla veloce fioritura di proposte di legge e prese di posizione delle categorie interessate.
La premessa, fra di esse comune, è l’ammissione che le prescrizioni a favore della bigenitorialità in termini di frequentazione e forma del mantenimento – gli aspetti ai quali qui ci si limita - non sono state finora osservate. La prassi si è fortemente distaccata dalla legge, tanto che anche radicate associazioni di avvocati di famiglia, di solito schierate in difesa della prassi, oggi riconoscono che il genitore collocatario è un’invenzione della giurisprudenza (fa testo il Comunicato del 31 luglio 2018, sottoscritto da Aiaf e ONDIF). Qui, tuttavia, finisce il terreno comune, potendosi individuare almeno tre modelli tra le proposte di modifica, sensibilmente diversi.
inoltre, la possibilità che il giudice accolga qualche obiezione fondata su situazioni particolari, che fanno venire meno anche la “garanzia”. Un modello, detto del “paracadute”, che sicuramente di primo acchito sembra dare soddisfazione ad alcune più che legittime aspirazioni degli adulti, grazie ad enunciazioni di principio; contraddette, tuttavia, dal sopravvivere di una serie di eccezioni, attenuazioni o sottocasi che in pratica pongono in condizioni di estrema debolezza i diritti dei figli che dovrebbero essere indisponibili. Forse non a caso in ogni passaggio si aggiunge la valutazione soggettiva del loro “interesse” da parte del giudice. Giudice il cui potere discrezionale appare notevolmente dilatato (come nel modello “caso per caso” dell’avvocatura), visto che le sue valutazioni sono di continuo invocate per giudicare se tempi diversi sono “equivalenti” o “equipollenti”, se la divisione paritaria dei tempi è “difficile”, se un genitore è “trascurato” o non sufficientemente “disponibile”, se gli spazi sono “adeguati”; e così via.
Non diversamente, del resto, sembra sopravvivere in via ordinaria il mantenimento tramite assegno, visto che si prevede come prassi che il giudice distingua le voci di spesa straordinarie rispetto a quelle ordinarie, ovvero tipicamente quelle fuori assegno da quelle ivi comprese.
Sembra proprio che le regole che disciplinano l’assetto della famiglia separata siano arrivate ad una svolta e stiano davvero per cambiare, dopo i vani tentativi delle passate legislature. Il motivo è da cercare in un punto del Contratto di Governo, laddove si legge “Nell’ambito di una rivisitazione dell’istituto dell’affidamento condiviso dei figli, l’interesse materiale e morale del figlio minorenne non può essere perseguito se non si realizza un autentico equilibrio tra entrambe le figure genitoriali, nel rapporto con la prole. Pertanto sarà necessario assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento”. Un impegno che ha portato alla veloce fioritura di proposte di legge e prese di posizione delle categorie interessate.
La citata avvocatura,
infatti, ritiene che “l’introduzione per legge dei tempi paritari, o comunque
la previsione di rigide proporzioni nei tempi di permanenza dei figli presso
ciascuno dei genitori, costituirebbe l’esatto opposto della giustizia
sostanziale che passa, invece, per la valorizzazione delle singole storie
familiari. Il diritto del minore alla bigenitorialità non si garantisce
dividendo il tempo dei figli esattamente a metà, ma assicurandogli la
possibilità di godere di una soluzione logistica per lui meno penalizzante
possibile”. Dunque, soluzioni adottate
caso per caso, subordinate all’individuazione da parte del giudice di quale
sia il miglior interesse del minore, ovvero quale debba essere il genitore di
riferimento. Fin qui nulla di diverso dall’antico approccio ante riforma del
2006. In altre parole, la legittimazione formale della prassi attuale. Davvero
innovativa è invece la parte relativa ai rapporti economici, laddove si
sostiene che “si dovrebbe introdurre la previsione espressa del diritto del
minore a godere di contesti economicamente omogenei presso entrambi i
genitori”. In concreto, l’assegno per il
mantenimento dei figli dovrebbe comportare un trasferimento di denaro tale da
ripianare costantemente le diverse situazioni economiche dei genitori.
Semplificando per maggiore chiarezza le complesse situazioni famiiari, se una
pediatra (reddito 5.000,00 € mensili) si separa da un maestro elementare (1.000,00
€ mensili) la prima dovrebbe trasferire al secondo 2.000,00 € per andare
entrambi a 3.000,00 € con una operazione onnicomprensiva, ossia regolando in
tal modo contemporaneamente gli obblighi interni alla coppia come quelli per il
mantenimento dei figli. Probabilmente la maggior parte dei genitori nelle
condizioni della pediatra troverà più conveniente il part-time, con
impoverimento generale.
Al centro
dell’attenzione, comunque, è il ddl 735, nella cui introduzione è preannunciata
la realizzazione dei sopra citati obiettivi del programma di governo. Diversa,
tuttavia, è l’impressione che dà l’articolato che, affiancata l’ ”equipollenza”
alla pariteticità (concetti radicalmente diversi), introduce un meccanismo –
pensato dai firmatari come garantista della bigenitorialità – che prevede comunque
una presenza minima di 12 giorni al mese presso il genitore meno coinvolto,
anche nei casi in cui si potrebbe avere una soluzione paritetica, se nessuno
dei genitori la chiede; salva,
inoltre, la possibilità che il giudice accolga qualche obiezione fondata su situazioni particolari, che fanno venire meno anche la “garanzia”. Un modello, detto del “paracadute”, che sicuramente di primo acchito sembra dare soddisfazione ad alcune più che legittime aspirazioni degli adulti, grazie ad enunciazioni di principio; contraddette, tuttavia, dal sopravvivere di una serie di eccezioni, attenuazioni o sottocasi che in pratica pongono in condizioni di estrema debolezza i diritti dei figli che dovrebbero essere indisponibili. Forse non a caso in ogni passaggio si aggiunge la valutazione soggettiva del loro “interesse” da parte del giudice. Giudice il cui potere discrezionale appare notevolmente dilatato (come nel modello “caso per caso” dell’avvocatura), visto che le sue valutazioni sono di continuo invocate per giudicare se tempi diversi sono “equivalenti” o “equipollenti”, se la divisione paritaria dei tempi è “difficile”, se un genitore è “trascurato” o non sufficientemente “disponibile”, se gli spazi sono “adeguati”; e così via.
Sono, poi,
presenti altre proposte, di comune ispirazione. Ne sono esempio il ddl 768 e la
pdl 942 - il primo nel solco del testo del ddl 957 del 2012 e la seconda come
versione più aggiornata di tale originaria proposta - che danno valenza
normativa alle linee-guida del tribunale di Brindisi. Si tratta, dunque, di un
modello abbastanza noto, già passato con successo attraverso il vaglio della
stessa commissione del senato nonché della sperimentazione sul campo.
Brevemente, gli elementi che lo caratterizzano sono anzitutto la effettiva
abolizione del collocamento prevalente a vantaggio delle pari opportunità per
il figlio di relazionarsi con ciascun genitore in funzione delle sue esigenze. Pur essendo certamente possibile
che alla fine dell'anno si constatino differenze di tempi, ciò non sarà dipeso
da un'imposizione a priori, ma da esigenze casuali e reversibili dei figli.
Dalla parità
potenziale nella frequentazione discende anche, coerentemente, la nuova disciplina
relativa a domicilio, cambiamenti di residenza e assegnazione della casa
familiare. Se i tempi sono uguali e il proprietario è unico – o comunque i
diritti reali sull’immobile sono sbilanciati - si segue la legge ordinaria senza possibilità di contestazioni. Nel caso di comproprietà, il
genitore che resta nella casa sarà gravato di un mantenimento
"scontato" del 50% del costo della locazione di un appartamento con
caratteristiche simili, ovvero il genitore che ne esce fruirà di un sostegno
dall’altro per il godimento di un nuovo alloggio.
D’altra parte, il paritetico
coinvolgimento dei genitori nella
vita di tutti i giorni dei figli influisce in modo determinante anche sulla
disciplina degli altri aspetti economici. Gli innumerevoli “protocolli” per
definire quali spese rientrano nell’assegno versato (spese ordinarie) e quali
ne restano fuori (straordinarie) restano utili solo nei residuali casi in cui
la coppia opti per il mantenimento indiretto, mentre le varie voci sono distinte
in prevedibili e imprevedibili, stabilendo che le prime sono assegnate in
partenza all'uno o all'altro genitore per intero, mentre le seconde quando si
presentano sono divise in proporzione delle risorse.
MF
DATA PUBBLICAZIONE:
8 SETTEMBRE 2018


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